A Natale sono contento senza un vero perché.

Passiamo la vita cercando un rifugio dove sentirci al sicuro, lontano dai cambiamenti del mondo. Il cambiamento, intrinseco in ognuno di noi, ci spaventa. Costruiamo momenti uguali ad altri nell’illusione di immortalare il presente, ignari che nello stesso istante in cui percepiamo il presente, il presente è già andato. Riponiamo le nostre ultime speranze nelle tradizioni, perché la ripetitività ci rassicura.

Quest’anno, con la leggerezza che mi porta al cuore, accantono il Gesù bambino di colore e la citazione di Riccardo Garrone ne “Vacanze di Natale”, e mi coccolo con una vecchia “canzone di Natale” di radio Deejay.

La verità è che a Natale sono contento senza un vero perché.

We spend our life looking for a refuge where to feel safe, away from the changes of the world. The change, inborn feature of ourselves, scares.

We create moments similar to others in the futile attempt to eternalize our present, in vain, as at the precise moment we feel our present, it’s gone.

We put our last hopes in the traditions, because repetitiveness reassures us.

This year, with lightness in my heart, I decided to put aside the black Baby Jesus and Riccardo Garrone’s quote in “Vacanze di Natale” and to pamper myself with an old “Christmas Song” by Radio Deejay.

The truth is that, at Christmas, with no real reason, I am just inexplicably happy.

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